lunedì 8 marzo 2010

Abolizione della carne

Sono 2 miliardi e mezzo, solo nel Belpaese, gli animali uccisi ogni anno per l’industria alimentare, 8 milioni al giorno, 90 ogni secondo. Un eccidio di immani proporzioni, il più delle volte ignorato dal grande pubblico, che si consuma nei mattatoi di tutto il mondo ai ritmi incessanti e frenetici della filiera industriale. Ritmi che vanificano qualsiasi pretesa di “macellazione umanitaria” sbandierata dai magnati della produzione della carne. Il perché è facile da capire: è semplicemente impossibile, sostiene il popolo veg, uccidere 90 animali al secondo e al contempo garantire loro una morte indolore. Ma sul banco degli imputati, gli animalisti e antispecisti italiani e stranieri mettono l’intera sistema dell’allevamento intensivo. La macellazione, dicono, è solo l’epilogo drammatico di un processo più lungo e altrettanto doloroso, che vede la vita e la dignità di ogni essere senziente sacrificate alle logiche del profitto e ai vizi del palato del consumatore. Così maiali, galline, mucche e altri animali da allevamento – a dispetto della loro intelligenza, delle loro esigenze sociali, della loro vita emotiva e soprattutto della loro capacità di provare piacere e dolore – vengono trattate alla stregua di meri strumenti di produzione, costretti a subire mutilazioni di ogni tipo, bombardati con ormoni e antibiotici, imprigionati in spazi angusti, sporchi e sovraffollati, con tutto ciò che ne consegue in termini di salute e di benessere psicofisico.
Condizioni di vita allucinanti che si ripercuotono anche sulla salute umana. Non è un caso, infatti, che i morbi del nostro tempo (mucca pazza, H5N1, H1N1) abbiano origine animale, né è un mistero che l’aumento delle malattie cardiovascolari, in occidente, sia legato all’eccessivo apporto proteico presente nella nostra dieta. E lo stesso dicasi per i tumori: numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che nei vegetariani la probabilità di ammalarsi di cancro sono inferiori del 60% rispetto a quelle della media della popolazione, e che le aspettative di vita di un vegetariano sono superiori di più di sei anni rispetto ad un individuo onnivoro. E’ anche in virtù di studi come questi che personalità eminenti della comunità scientifica italiana e straniera ed enti scientifici spesso consigliano l’adozione di una dieta vegetariana: è il caso del noto oncologo italiano Umberto Veronesi, dell’American Dietetic Association o dei Dietitans of Canada.
Ma la questione “carne” tocca anche altri aspetti, i quali si riconnettono a problemi all’ordine del giorno nel mondo globalizzato, come la fame nel mondo e l’inquinamento. E’ soprattutto a causa della cultura della carne, denuncia il popolo veg, che si sta consumando quello che l’economista e filosofo Jeremy Rifkin ha definito senza mezzi termini un “ecocidio”. E, in effetti, i dati a nostra disposizione parlano chiaro: il metano emesso dai ruminanti degli allevamenti intensivi è fra i primi responsabili dell’emissione di gas serra, collocandosi addirittura prima dell’intero sistema dei trasporti mondiale (dati Fao parlano del 18% di gas emesso dalle mucche contro il 13% emesso da aerei, auto, tir, ecc.). Così come sono sempre gli allevamenti fra i maggiori responsabili del consumo di energia ed acqua: una cultura dello spreco che vede l’impiego di 25 calorie di combustibile fossile per produrre una sola caloria di proteine animali, contro le 2,2 calorie di combustibile fossile sufficienti per produrre una caloria vegetale. Per quanto attiene il consumo di acqua, poi, sono ben note le ricerche che dimostrano come per produrre un chilo di carne sia necessario utilizzare una quantità d’acqua pari a quella consumata in un intero anno da un occidentale. E la lista dei danni ambientali potrebbe continuare con l’inquinamento dei corsi d’acqua provocato dalle deiezioni animali, il disboscamento per far posto ai pascoli, l’impoverimento dei mari a causa della pesca (il cosiddetto overfishing), e tutto ciò che è connesso con il mantenimento, il trasporto e la macellazione degli animali da allevamento.
Vi è, infine, la questione dell’utilizzo delle risorse alimentari del pianeta e della fame nel mondo. Con una popolazione mondiale che tocca quasi i sette miliardi di persone, una dieta onnivora è il peggiore degli stili di vita possibili. Se tutti gli abitanti della Terra volessero alimentarsi come si alimenta solitamente un cittadino occidentale, dicono animalisti e ambientalisti, sarebbero necessari più di tre pianeti come il nostro. Oggi, infatti, per soddisfare la domanda mondiale di carne, vengono utilizzati i due terzi dell’intera superficie coltivabile. Con 850 milioni di persone cronicamente sottoalimentate (dati Fao), la cultura della carne si porta via il 90% della soia coltivata e circa il 50% del grano mondiale. Uno spreco che va contro ogni buonsenso e contro qualsiasi seria politica di giustizia globale.
La speranza degli animalisti e degli antispecisti che hanno aderito alla Giornata Mondiale per l’Abolizione della Carne è che si cominci seriamente a ragionare su questi fattori, e si opti per quella che a loro pare la scelta più utile e più etica: l’adozione di una dieta vegetariana o vegana. Affinché, come disse un giorno Leonardo da Vinci, anch’egli vegetariano, l’uccisione di ogni essere senziente diventi un tabù, e giunga un tempo «in cui si giudicherà l'uccisione di qualsiasi animale alla stregua di quella di un uomo».

Eugenio Leucci

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